Il mito della velocità dal 12 maggio al Mo.Ca. Le corse dal 1927 al 1957 sono raccontate con foto e giornali, la mostra durerà fino al 4 giugno
di Alessandra Troncana
Scenate di giornalisti isterici, pigia pigia, mitomani svenuti, risse tra imbucati, gente arrampicata sul cofano per chiedere qualcosa di frizzante al semi dio, senza riuscirci, e la Ferrari 315 S sul palco, con i sedili bagnati di champagne: l’unica foto che gli manca è quella di Piero Taruffi che arriva in viale Venezia. «Mi hanno sopraffatto le pedate nel sedere, non sono riuscito a farla». Giuseppe Vigasio aveva 17 anni, una certa resistenza agli spintoni dei professionisti e una Rolleicord 6×6 chiesta in prestito a sua madre: era il 1957, la sua seconda Mille Miglia.
La mostra
Born to walk: viale Rebuffone, il ponte San Marco, Stirling Moss che passa alla curva di Lonato alle 19.32. «La prima volta avevo 16 anni: l’ho fatta tutta a piedi, con tre amici, inseguendo le auto dalla punzonatura fino a dove si riusciva. Alla fine siamo tornati a Brescia in treno». I suoi due album saranno al Mo.Ca con reliquie, manifesti, auto di latta a pedali, Vittorio Gassman sulla Lancia Aurelia a 130 chilometri all’ora e gli scatti di altri nove autori: «Mille Miglia – Il mito della velocità» è l’ennesima mostra del Brescia Photo Festival (la curano Renato Corsini e Paolo Mazzetti: la vernice il 12 maggio, dura fino al 4 giugno). L’uomo che aveva osato definire la mostra futurista di Milano una «delusione sdegnosa» (Ardengo Soffici sulla Voce, nel 1911) fu preso a schiaffi da Boccioni al Gran Caffè Giubbe Rosse, Firenze: era previsto dal regolamento. Il Manifesto era uscito su «Le Figaro» il 20 febbraio del 1909: in un’ Italia piena di una «fetida cancrena di professori, d’ archeologi, di ciceroni e d’ antiquari», per citare una riga a caso, «noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno». L’originale sarà nella seconda sezione, «Dal futurismo allo smartphone», con scritti, poesie, disegni, qualche verso di D’Annunzio sull’automobile (fu lui a metterle l’articolo femminile e a raccomandarlo a Giovanni Agnelli, che gli aveva regalato una Fiat 509 cabriolet), cartoline, grafiche pubblicitarie e cimeli di Aci e Mille Miglia, che hanno dato ai curatori il loro archivio.
Porsche, Ferrari e auto di latta
Ma la mostra inizia nel 1927, con la prima gara: le corse sono raccontate in ogni edizione da foto di cronaca, giornali e riviste patinate e sgualcite fino al 1957, l’anno in cui all’auto di Alfonso De Portago scoppia la gomma anteriore sinistra (muoiono lui, il copilota e nove spettatori), Beppe Vigasio non riesce a fotografare Taruffi che arriva in viale Venezia, e il Governo decreta la fine della Mille Miglia. Altra sezione, «Il collezionismo d’epoca»: Porsche, Ferrari e auto di latta a pedali degli anni Cinquanta e Sessanta concesse da un collezionista privato. Poi la velocità al cinema: in una piccola sala di proiezione, in loop, le sequenze del Sorpasso di Dino Risi, il Vigile con Alberto Sordi, Crash e altri film on the road (incluso Rosso Mille Miglia, girato in città con Fabio Troiano e Martina Stella). Infine, l’attrazione focale tra la camera oscura e il motore: in «Fotografare la 1000 Miglia», gli scatti di dieci autori. Ci sono Silvano Cinelli, Eros Mauroner, Ernesto Fantozzi, Laura Giancaterina, Basilio Rodella, Roberto Ricca, Richard B. Datre, Giacomo Bretzel, Paolo Mazzetti, Beppe Vigasio, Paolo Mucciarelli, Claudio Amadei e il loro personale rapporto con la corsa, fotografata in modo poetico o crudo, da cronaca.
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